SEMPRE LIBERA DEGG’IO   (part one, the accoustics)
Le incisioni su disco della grande aria del I atto de “La Traviata”
      

  La prima Violetta che ho ascoltato in teatro è stata Mercedes Capsir. Al Teatro Adriano, presumo a metà degli anni trenta. Avevo quindi circa dieci anni e non ero ancora diventato un patito della lirica. Eppure questa cantante riuscì a entrare nella mia memoria. Il ricordo è piuttosto vago, ma nella mia  mente rimane l’impressione di una bella figura che si muoveva in scena con molta disinvoltura e qualcosa che mi colpì nei vocalizzi del finale del 1° atto.
Quel finale, la grande scena ed aria di Violetta, che poi doveva diventare la mia preferita fra le arie per soprano. 
 Qui naturalmente ci occupiamo delle registrazioni discografiche e quest’aria ne vanta un numero
straordinario. Non sarà possibile esaminarle tutte, mi limiterò alle più famose, in questa prima parte
dedicata ad alcune incisioni acustiche.
Voglio  precisare che non sempre le “dive” più prestigiose hanno saputo rendere il vero significato di quest’aria. Confidando nelle difficoltà acrobatiche del primo atto molti soprani leggeri la hanno affrontata, senza rendersi conto che l’agilità richiesta nella seconda parte è un’agilità spinta che richiederebbe quello che oggi si definisce “drammatico d’agilità”. Hanno superato lo scoglio quei soprani che non erano puramente “colorature” ma che vantavano un corpo di voce che solitamente i leggeri non hanno. Eccellenti cantatrici che nei limiti del  loro repertorio si sono costruite una eccellente fama per tecnica e musicalità, nella Traviata non hanno mai brillato. La stessa Lily PONS,  cui in America era concesso tutto, dopo una prova non propriamente esaltante, rinunciò a Violetta.
 (Pons not as Violetta but glamorous nevertheless)

Sul disco, naturalmente, quest’aria esercitò un’attrazione su quasi tutte le cantanti più o meno famose e l’elenco è, si può dire, interminabile. Un altro appunto si deve fare a quasi tutte queste grandi celebrità: erano tutte famose per le interpolazioni che effettuavano nelle loro esecuzioni, con variazioni di bravura che, a volte, lasciavano sbalorditi, eppure... pochissime, si contano davvero sulle dita di una mano, riescono a rendere esattamente le agilità finali di “Sempre libera degg’io”. Sarebbe stato interessante ascoltare Adelina PATTI in questa interpretazione, ma per lei il disco arrivò troppo tardi.  La prima cantante che ho ascoltato in quest’aria è stata la leggendaria Lilli LEHMANN.
            (both Patti)
Ascolto piuttosto deludente, soprattutto considerando la fama della cantante. Fino a qualche anno fa, quando ero ancora giovane e di alcuni “nomi” famosi conoscevo poco, si diceva che Lilli Lehmann si fosse accostata al disco quando era quasi sessantenne, e, per questa ragione si consideravano le sue interpretazioni con una certa indulgenza. Ma il tempo doveva dimostrarmi che l’informazione era errata. Lilli Lehmann era nata nel  1848 e i suoi dischi risalgono al 1906 e al 1907. L’aria della Traviata fu da lei incisa due volte, la prima nel 1906 e la seconda nel 1907, rispettivamente a 48 e 49 anni di età. Non mi sembra che sia un ‘età eccessivamente avanzata, per questo ho accolto la sua “performance” con molte riserve. La seconda  versione si avvale di una incisione migliorata rispetto alla prima, ma anche così mi è sembrata piuttosto deludente. Al l’inizio non ho ben capito se cantasse in italiano o in tedesco, poi, a un ascolto più attento, l’italiano ha avuto la meglio.    Mi ci è voluto più di un ascolto per capire che la prima parte dell’aria non inizia da “Ah fors’è lui”, ma dalla seconda strofa “A me fanciulla un candido…”, strofa che solitamente, in teatro, viene tagliata. (Adesso si tende a ripristinarla per la smania che ha contagiato i direttori di orchestra di attenersi rigidamente alla volontà dell’autore). Le intenzioni sembrano buone, le mezzevoci riuscite, ma il finale dell’aria risulta monotono per un lungo trillo, inutile virtuosismo in un brano così lineare. “Sempre libera”  si avvale di una sola strofa, senza  “Follie, follie” e, se pur iniziato con un certo slancio si perde alla fine con agilità precarie e un finale col solito, stucchevole trillo.
            (Sembrich)
Un’altra delle prime grandi cantanti che si arrivò a cimentarsi  con quest’aria fu Nellie MELBA. La Melba affidò più volte al disco questa sua interpretazione, nel 1904, nel 1907 e nel 1910. Le esecuzioni non sono mai complete: la prima parte inizia sempre da “Ah fors’è lui”, tralasciando il recitativo “È strano, è strano” e “Sempre libera”, in tutte le edizioni, gode di una sola strofa. Tuttavia nell’edizione del 1904 “Follie, follie” comprende il recitativo, nell’edizione del 1910 la ripresa avviene dal secondo “Follie”. Come era uso del tempo, a parte l’incisione del 1904, eseguita su due facciate, era abitudine  comprimere su una sola facciata “Ah fors’è lui” e “Sempre libera”. Si eseguivano tagli con assoluta indifferenza, con quale beneficio per l’interpretazione lo lascio soltanto immaginare. Nellie Melba esegue la prima parte con una certa indifferenza, preoccupata solo di sfoggiare il suo famoso trillo, peraltro bellissimo, nella cadenza finale, ma il suo pregio maggiore è la fluidità del suono, una delle eccellenti qualità che la distinguevano  Maggiore rilievo dimostra in “Sempre libera” che, soprattutto nell’edizione del 1910,  denota slancio e  partecipazione. Le agilità finali sono eseguite benissimo ma non sono quelle scritte da Verdi.
Un’altra cantante più o meno contemporanea alla Melba e che, come lei, godette di grande fama internazionale, fu Marcella SEMBRICH. Anche lei affidò l’aria di Violetta al disco molte volte e sempre le due parti vennero compresse su una sola facciata.
Pur mantenendosi in buoni condizioni vocali, non bisogna dimenticare che la Sembrich era nata nel 1858 e aveva debuttato nel 1877, per cui affidò la sua voce ai dischi Victor nel 1902, anno della prima incisione del brano in questione. Aveva quindi 44 anni, ne aveva 49 nel 1907, anno della seconda incisione, 50 nel 1908, anno dell’ultima incisione. Parlo dei dischi VICTOR, perché già nel 1900 la COLUMBIA americana aveva realizzato i suoi primi tentativi di incisione e la Sembrich, fra le altre arie aveva cantato “Ah fors’è lui”. L’incisione del 1908 è a parer mio la  migliore, sia per l’interpretazione (relativa, dato che bisognava tener conto della breve durata del disco) che per la tecnica d’incisione. La voce della Sembrich doveva essere particolarmente adatta a questo ruolo, perchè alla tecnica vocale eccellente, ricavata da grandi insegnamenti, accoppiava una voce di grande spessore, che non risentiva, specie nella regione acuta, di quel suono fisso proprio di molte cantanti della sua epoca. “Ah fors’è lui” è cantato molto bene, con una  linea accettabile anche oggi, peccato che la cadenza finale sia guastata, secondo il nostro gusto attuale,  da un eccesso di ornamentazioni. Questo difetto lo riscontreremo in molte delle successive interpretazioni. “Sempre libera”, senza recitativo e tagliata nel finale dimostra un certo slancio e, in teatro, deve aver ottenuto il suo effetto. Anche la Sembrich lascia da parte le agilità scritte da Verdi e sceglie una cadenza più virtuosistica.
E arriviamo finalmente alla nostra gloria nazionale, la grande Luisa TETRAZZINI. Il famoso critico e collezionista Roberto Bauer affermò che  in questo brano la Tetrazzini aveva  superato se stessa. Insieme ne esamineremo i pregi e i difetti. Questi ultimi sono propri della sua epoca, così come noi li ascoltiamo oggi:  alcune licenze nella lettura del testo, qualche appoggiatura di meno e qualche variazione in più.  Ad esempio l’ultimo “gioir” con una magnifica scala discendente termina con note picchiettate che guastano un po’ la drammaticità del momento.                      
Pochi soprani, suoi contemporanei, azzardavano il do alla fine di “Ah fors’è lui”, la Tetrazzini lo affronta con assoluta disinvoltura, qualche anno più tardi  Mercedes Capsir ne farà un capolavoro assoluto.   C’è poi la questione del “mi bemolle” finale, appannaggio, come è noto, dei soprani leggeri. Un sopracuto che risolve magnificamente il brano, se il brano è stato eseguito bene, ma di cui si farebbe volentieri a meno quando viene lanciato alla disperata, tanto per dimostrare che ci si può arrivare. La Tetrazzini non aveva di questi problemi e il suo registro acuto, benchè spesso mortificato da un’incisione primitiva e ancora insufficiente, riesce a “bucare” il disco e arrivare a
noi pieno, vibrante e solido. La Tetrazzini esegue il  recitativo “È strano”, nell’aria “Ah forse è lui” (incisione HMV del 1908)  e nella seconda parte (una sola strofa) inizia da Follie, follie. Nell’incisione HMV del luglio 1911,  la scena, senza il recitativo “È strano”, risulta, nella seconda parte,  completa. C’è abbandono nella prima parte e slancio nella seconda, con grande partecipazione emotiva che rende benissimo la reazione di Violetta.  Neppure lei si attiene alle agilità scritte da Verdi, ma sono disposto a perdonarla in virtù di quei portentosi  “do” ribattuti e brillanti che suppliscono molto bene al testo originale. Joan Sutherland, da sempre ammiratrice della Tetrazzini, farà sua questa eccitante variazione. Nel febbraio dello stesso 1911 la  Tetrazzini incise queste arie per la Victor, tornando però all’esecuzione compressa su una sola facciata. La registrazione è buona e rende molto bene il registro acuto della Tetrazzini che, in “Ah fors’è lui” si  attiene più fedelmente al testo. 
Giuseppina FINZI MAGRINI affidò due volte al disco l’esecuzione di questa aria, la prima per la FONOTIPIA, la seconda per la COLUMBIA. In entrambi i casi “Ah fors’è lui” viene eseguito senza il recitativo, e “Sempre libera”, pur avendo a disposizione spazio sufficiente, si limita ad una sola strofa, senza “Follie, follie”. “Ah fors’è lui” è cantato molto bene e mi porterebbe al plauso incondizionato, non fosse per una esagerata cadenza che compromette tutta la linea del canto. Sicuri e molto belli i suoi “do”, bellissimo il “Mi bemolle”.
MARIA BARRIENTOS  compare in questa lista per una rara incisione “Columbia”, sempre ridotta a una sola facciata, ma la linea di canto è eccellente e, pur non manifestando una partecipazione totale, l’esecuzione è abbastanza castigata. “Do e mi bemolle” stupefacenti, e, “finalmente!” una cantante che esegue a perfezione tutte le note scritte da Verdi!
 (Frieda Hempel)  
FRIEDA HEMPEL è un’altra delle grandi celebrità che affrontarono la Traviata sul palcoscenico, e, di conseguenza, non mancò di affidare al disco la grande aria del primo atto. Anzi, fece di più, perché incise i duetti con i tenori Naval e Jadlowker e il duetto del 2° atto con il baritono Pasquale Amato. La grande aria di Violetta venne incisa (in tedesco), due volte su etichetta “ODEON”. Per la HMV la Hempel eseguì il solo “Sempre libera” (in italiano), per la VICTOR si adeguò all’abitudine di comprimere le due parti su una sola facciata. La sua pronuncia italiana è buona, l’esecuzione Victor di “Ah forsè lui” lineare e giusta, “Sempre libera” si avvale anche di un breve recitativo. L’incisione HMV di “Sempre libera” non è proprio completa, ma è resa abbastanza bene. L’unico appunto, riscontrabile anche nelle altre incisioni della Hempel, riguarda acuti e sopracuti, che risultano fissi, un po’ meno nelle incisioni ODEON, ma assai evidenti in quelle seguenti. Inutile dire che le note finali non rispettano il testo originale.
Tre  famosi soprani affidarono al disco il solo “Sempre libera” : esaminiamo prima  Olimpia BORONAT e Maria GALVANY. Quest’ultima, con Titta Ruffo, incise anche “Dite alla giovane”. La Boronat, (1904) pur su un disco
da 25 cm. fornisce un’ampia porzione dell’aria, mantenendosi abbastanza vicina al testo scritto. Unica eccezione, come al solito, le ultime variazioni, trasformate a proprio uso e consumo.
Maria Galvany, assistita dal tenore Remo Andreini, fornisce anche lei una versione quasi intera dell’aria, purtroppo non dimentica mai di essere un soprano leggero, quel soprano leggero famoso per le funamboliche e frastornanti agilità! Ma anche lei, nonostante il suo virtuosismo, non sembra
capace di eseguire l’ultimo “dee volar…” come Verdi lo’aveva scritto. 
              
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Considerando ancora le versioni “singole” di questa scena, mi è piaciuta l’esecuzione di Geraldine FARRAR, che incise soltanto “Sempre libera”, con la scena precedente “Follie, follie!”. (in tedesco) La voce è sicura, gli acuti vibranti e tutta l’aria è eseguita con vivacità e brillantezza. Le agilità finali, anche se non sono perfette, seguono le note scritte da Verdi e la Farrar è una delle poche,  fra quelle che ho ascoltato, che, alla voce di Alfredo “Amore e palpito – dell’universo”,  (ma qui Alfredo non c’è e l’orchestra supplisce alla sua mancanza) risponde con  “dee volar” così com’è scritto e non vocalizzando  la “A” come fanno quasi tutte.  La Farrar registrò l’aria due volte
per la G&T  (etichetta nera!), la prima nel 1904 con il pianoforte, la seconda, migliore, nel 1906 con
l’orchestra.
Un soprano che, con quest’aria si cimentò in un repertorio per lei inconsueto, fu Mary GARDEN, e
devo ammettere che la sua prova (in francese) è di tutto rispetto. Alla prima aria, eseguita con musicalità e rigore, fa seguito un “Follie, follie” che dimostra anche una certa interpretazione. Una sola strofa dell’aria e buona volontà nell’eseguire l’ultimo vocalizzo, pur se il tentativo non è pienamente riuscito.
           

Un’altra famosissima cantante, che sapeva essere anche squisita cantante di concerto, è Maria IVOGUN, presente nei dischi due volte  (in tedesco)  (ODEON 1916-1919) che, diversamente da tutte le altre cantanti che abbiamo esaminato, esegue interamente la scena, pur senza avvalersi di un tenore.
“È strano” e “Ah fors’è lui” sono cantate molto bene e meriterebbero approvazione incondizionata,
non fosse per un trillo interminabile (un po’ meno lungo nella seconda versione) che turba l’atmosfera sognante del brano. “Follie,  follie” presenta i “gioir” eseguiti senza drammaticità, un po’ troppo da soprano leggero, ma tutto il brano seguente è ben cantato, anche se la cantante si concede qualche arbitrio e qualche rallentando di troppo. Arriviamo al finale con il solito trillo che però, inaspettatamente, sfoga sul mi bemolle. La seconda  versione dell’aria venne in seguito re-incisa elettricamente (molto bene) e rimase in catalogo per molti anni. Nel 1924 la Ivogün registrò  
“È strano” per la GRAMMOPHON che non differisce molto dalle versioni precedenti. Stranamente ignorò “Sempre libera”.
 (Neshdanova)   
Una cantante che non possiamo ignorare è Antonina NESHDANOVA. L’incisione, (in russo) della G&T, risale al 1912; “Ah fors’è lui” è sostenuto dal pianoforte, “Sempre libera” è accompagnata dall’orchestra. Si tratta di una bella esecuzione, che giustifica la fama della Neshdanova, gloria nazionale russa. Solo il finale di “Ah fors’è lui” risente di una cadenza elaborata, ma l’aria è eseguita molto bene, con abbandono e convinzione. Anche “Sempre libera”, che comprende “Follie, follie! Delirio vano è questo”, è bene eseguito con slancio e vivacità e anche in questo caso un plauso alla musicista che esegue esattamente, all’ultimo  “dee volar” le note scritte da Verdi. Il mi bemolle corona il brano, forse non perfettamente centrato come intonazione, il che potrebbe dipendere anche da un difetto di incisione.
Ada SARI, di origine polacca, fu cantante assai apprezzata tanto da essere scelta da Arturo Toscanini per il Flauto magico (die Zauberflöte) alla Scala. Due volte affidò quest’aria ai dischi. (in italiano). “Ah fors’è lui”, con il recitativo “È strano” è più o meno eguale nelle due versioni:una bella linea di canto, morbide legature, una cadenza eccessiva alla fine,prima di un bel do che, da solo, sarebbe bastato a coronare l’aria. “Sempre libera”, nella prima versione è presente con una sola strofa, senza “Follie, follie”. La seconda versione, pur riducendosi a una sola strofa, presenta “Follie”, ben declamato ma con qualche “picchiettato” di troppo. Ottimi gli acuti, bello il mi bemolle finale, lettura delle note al “dee volar” eseguita a piacere secondo il gusto personale.
E veniamo a quella che, come Luisa Tetrazzini, rimase per tanti anni idolo delle folle nordamericane:  Amelita GALLI CURCI. A buon diritto perché si tratta, come molti ben sanno, di una cantatrice affascinante.
“La Traviata” costituì uno dei suoi cavalli di battaglia e il disco ne ha riportato molte testimonianze: i duetti con Schipa, il duetto con De Luca, l’Addio del passato e, naturalmente la grande aria del primo atto. E qui, è ovvio, noi ci fermiamo:  “Ah fors’è lui”, completo di “È strano” può essere considerato un pezzo di antologia: legature soavi, smorzature di grande effetto (croce e delizia), una cadenza non esagerata, un “do” finale sostenuto a lungo, sempre con la stessa intensità (piano).  L’unico appunto è forse un certo distacco, ma l’abbandono e il languore suppliscono a questo neo. (Un altro brano che si avvicina a questo è “Caro nome”, forse la migliore esecuzione in assoluto di quello che è un brano difficilissimo ). E veniamo a “Sempre libera” che non riscuote lo stesso consenso. Innanzi tutto il brano non è completo, comincia con il secondo “Follie”, forse perché si presta a virtuosismi qui assolutamente fuori posto e, soprattutto, termina con una cadenza che è del tutto arbitraria, contraria al carattere del brano. Bellissimi i do e il mi bemolle, ma quei gorgheggi fuori posto proprio non glieli perdono.
 (Pareto) 

Voglio terminare con una cantante di grande valore, forse non completamente apprezzata nel suo giusto valore: Graziella PARETO. Incise l’aria nel 1920, completo di recitativo “Ah fors’è lui”, una sola strofa, con “Follie, follie”, per “Sempre libera”. Pur essendo un soprano leggero, nota per sopracuti e virtuosismi, si attiene abbastanza fedelmente al testo, senza mai strafare. Dimostra una eccellente linea di canto in “Ah fors’è lui”, coronato da un bel do e, dopo aver superato brillantemente le difficoltà dei “Gioir” e  “Sempre libera”, arriva a un sicuro mi bemolle , eseguendo, “Grazie al Cielo!”, in “dee volar”, tutte le note con scrupolosa esattezza. 
Per molti anni, fino alla fine dei 78 giri, mantenne la sua presenza nei cataloghi VICTOR e
La Voce del Padrone  un disco molto considerato. Si trattava della prima parte dell’aria  (È strano-Ah! fors’è lui) cantato da Lucrezia BORI. Non era accoppiato con la seconda parte dell’aria, bensì, per una di quelle bizzarre idee che coglievano spesso i direttori artistici delle case discografiche, con “Ritorna vincitor!” dall’Aida, cantato da Rosa Ponselle. Pregevole esecuzione, senza dubbio, (anche se tagliata, un'altra abitudine del tempo), ma poco in carattere con l’aria della Traviata.
Per molto tempo si credette che la Bori non aesse mai inciso la seconda parte, poi, inaspettatamente, verso la fine degli anni ’40, la Victor trasse dal suo archivio “Follie, follie e Sempre libera” (una sola strofa). All’entusiasmo iniziale subentrò la delusione più grande. Si capiva perché, all’epoca, “Sempre libera” fosse rimasto umpublished. L’esecuzione è affrettata, le agilità molto, molto approssimative, insomma un unanime giudizio negativo per quella che pure, e a ragione, era considerata un’artista fine e delicata. L’incisione delle due parti era elettrica, per cui il nome della Bori non troverebbe spazio in questa rassegna se… se la casa MARSTON non avesse riportato alla luce l’aria (quasi) completa (una sola strofa di Sempre libera”) cantata dalla Bori per i dischi EDISON. E qui le cose cambiano. La prima parte è, come per quella elettrica,cantata con molta semplicità e naturalezza, senza cadenze aggiuntive, si riela  una eccellente esecuzione. La seconda parte, accurata in ogni particolare, si svolge senza particolari problemi, dandoci, finalmente! un’esecuzione degna del nome della cantante. Le agilità finali non sono fedeli al testo, ma in quanto a questo, come abbiamo già visto, la Bori è in buona compagnia.
 
La mia rassegna, per il momento termina qui. Abbiamo esaminato quest’aria in italiano, in tedesco, in russo e in francese.  Se avrò destato il vostro interesse potremo continuare , con la rassegna di incisioni che, dal 1925-26, si gioveranno della registrazione elettrica. Dall’elenco sopra descritto manca, con mio rammarico, il soprano Selma Kurz, ma di lei ho potuto trovare, per il momento, soltanto la prima parte. Dato che per due volte incise “Sempre libera”, non dispero di trovarla e, in caso affermativo, la includerò in un’altra puntata.

 Luciano Di Cave

(all photos courtesy Charles Mintzer)